Autore: Luigi Prestinenza Puglisi
pubblicato il 2 Aprile 2014
nella categoria Personaggi
Philip Marchand, Marshall McLuhan. The Medium and the Messenger, The MIT Press, Cambridge, Massachussets, 1998, pagg.322.
Nel 1997 la rivista 2G pubblica un numero monografico dedicato a Toyo Ito. I progetti sono accompagnati da uno scritto dell'architetto giapponese dal titolo: Tarzans nella foresta dei media. Nel saggio Ito riprende le teorie di uno dei più controversi pensatori degli anni Sessanta, Marshall McLuhan secondo il quale alla società visiva e razionale che ci ha preceduti ne è subentrata una tattile e intuitiva. La società visiva era prospettica, fondata sull' occhio: cioè sul senso della misura, sui rapporti quantitativi, sulla sincronia degli ingranaggi. Suoi prodotti sono stati la catena di montaggio e i regimi pianificati. In architettura l'organizzazione funzionale dello spazio e la macchina per abitare. La società tattile in cui viviamo è, invece, elettronica. Si fonda sulla complessità delle interrelazioni . E quindi, esattamente come il tatto, sulla sensibilità. Per attivare la quale ci si avvale di sensori che captano segnali e informazioni per trasferirli immediatamente al sistema nervoso delle reti informatiche.
La società tattile, ha dichiarato McLuhan - con una straordinaria preveggenza, se consideriamo che le sue tesi sono state elaborate in un'epoca in cui i personal computer ancora non esistevano e gli elaboratori in commercio avevano potenze e memorie risibili- trasformerà le nostre città imponendo la sua velocità, che è quella dell'elettrone. Abolirà le distanze ma soprattutto smaterializzerà i medium di comunicazione. Il denaro da moneta si trasformerà in credito, la parola scritta muterà in immagine e per poter essere processata, in pixel e, poi, in bit di informazione. Alla struttura lineare dei testi subentrerà la fluidità degli ipertesti. E le murature, sinora solide e perenni, diventeranno sottili membrane che, simili alla pelle, interreleranno l'uomo con l'ambiente circostante. Basterà un comando vocale o il semplice movimento del corpo per aprire porte, muovere oggetti, accendere elettrodomestici. All'esterno il vento o la luce per comandare l'oscuramento di un infisso o avviare l'impianto bioclimatico. Se l'architettura tradizionale ha dato forma ai muscoli e alle ossa alla costruzione, la contemporanea attiverà nuovi sistemi nervosi.
Toyo Ito, a distanza di oltre trenta anni, ha trasformato in linguaggio poetico le intuizioni di McLuhan. Capolavori come la Torre dei Venti o la Mediateca di Sendai lo testimoniano. Ma che queste nuove idee circolino oramai nell'aria, lo dimostrano anche numerose opere di altri architetti che, pur non rivendicando un filo diretto con le riflessioni di McLuhan, di fatto ne sondano gli assunti. Basti pensare alle pareti del Centro per il Mondo Arabo di Nouvel, che mutano con il cambiare del sole; agli schermi rotanti della cupola del Reichstag di Norman Foster; all'Electronic Bauhaus incarnata nel progetto dello ZKM di Koolhaas; alla fluida ipotesi per il museo d'arte contemporanea di Roma di Zaha Hadid.
McLuhan, di cui oggi gli architetti concretizzano le intuizioni , non è stato un personaggio facile. Ebbe un immenso successo durante gli anni Sessanta e parte dei Settanta ma, per le sue stranezze caratteriali e di comportamento, fu osteggiato dalla cultura ufficiale e ben presto dimenticato, nonostante gli apprezzamenti di personaggi famosi ma altrettanto discussi quali Timoty Lear, Susan Sontag, Buckmister Fuller. E l'oblio durante gli anni Ottanta è stato praticamente tombale, se si eccettuano pochi e sparuti riconoscimenti - limitati alla citazioni di frasi da lui coniate quali il villaggio globale oppure il medium è il messaggio- con i quali si liquidano, in genere, personaggi geniali ma eccentrici.
Ripercorrere, attraverso l'ottima biografia di Philip Marchand, la vita di questo pensatore è per un architetto, per un artista o per chiunque si interessi di comunicazione un'esperienza affascinante. Si scopre, infatti, che dietro all'acuto interprete dei media e al precursore della società elettronica si nascondeva un erudito professore di letteratura angloamericana in grado di recitare Eliot e Joyce a memoria; che il brillante futurologo che, in una famosa intervista a Playboy, scandalizzò i benpensanti americani, è stato, in realtà, un intransigente credente che avrebbe voluto la messa celebrata ancora in latino; che il profeta citato dai giovani beat e rivoluzionari del 68 è stato politicamente un conservatore. Ma, soprattutto, si verifica in che modo questo paradossale professore che cercava di prevedere il nuovo, analizzandolo in tutti i suoi aspetti e particolarità, per non rimanerne poi sommerso, è stato uno dei più autentici interpreti del pensiero artistico contemporaneo. Innanzitutto perchè ne ha applicato le categorie di giudizio ai fatti extra artistici con sintesi che spesso spiazzano ma che sicuramente aprono nuove direzioni di ricerca ( da qui anche l'apparente a-logicità di molti suoi ragionamenti, che più che seguire le tecniche scientifico-razionali coinvolgono la sfera intuitiva e immaginativa). E poi perchè ha teorizzato, nell'epoca del trionfo dei media, lo stretto legame che esiste tra mezzi espressivi, arte e comunicazione. E' attraverso l'arte che l'individuo sonda nuovi modi di autorappresentarsi e quindi conoscersi. Ma è solo attraverso la manipolazione dei media che questa opera di riflessione è resa concretamente possibile mediante la predisposizione di nuovi spazi proiettivi, grazie ai quali è possibile osservare la realtà che vi rappresentiamo con sufficiente distacco e da nuovi nuovi e inusitati punti di vista. Arte quindi come caleidoscopio di immagini, ma media come teatro della rappresentazione. Noi , sintetizza McLuhan, non sappiamo chi scopri' l'acqua, ma non fu certamente un pesce.