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Besinger su Wright

Besinger su Wright

Autore: Luigi Prestinenza Puglisi
pubblicato il 29 Marzo 2014
nella categoria Personaggi

Curtis Besinger, Working with Mr. Wright. What it was like, Cambridge University Press, Cambridge 1997, pagg.314. Curtis Besinger nel 1932 sente parlare di Wright; più tardi ne legge l'autobiografia e gli scritti raccolti in Disappearing city. Nel 1939 gli scrive per chiedere notizie della scuola di Taliesin. Ma è incerto se frequentarla. Altre due lettere partono per Cranbrook dove insegna Eliel Saarinen e per Harvard, già sotto l'egida di Gropius. Da Cranbrook, Besinger non rammenta risposta. Quella di Harvard non tarda a arrivare: d'accordo per l'ammissione, ma nessuna assistenza finanziaria. Anche da Taliesin arriva una risposta, scritta da Eugene Masselink il segretario di Wright. La retta è alla portata del giovane studente. Cosi', nell' estate, si reca a Taliesin per trascorrere un week end di prova. E' ospitato in una stanza umida e buia ed è colpito dal contrasto tra la dura attività fisica richiesta agli apprendisti ( che devono lavorare nei campi, costruire e restaurare gli edifici, preparare i pasti) e le attività musicali, artistiche e ricreative che si svolgono. Rimane colpito favorevolmente, inoltre, dall'incontro con il carismatico Maestro già allora settanduenne. Il 6 ottobre dello stesso anno, Besinger ritorna a Taliesin per restarvi con qualche interruzione sino al 1955. Dei circa 26 anni di vita trascorsi a Taliesin, Besinger traccia una ricostruzione attenta e puntuale. Particolarmente preziosa per gli storici perchè, se escludiamo quella scritta da Edgar Tafel ( Years with Frank Lloyd Wright. Apprentice to Genius, Dover, 1979), non ve ne sono di pari intensità. Ma soprattutto perchè, a differenza di tante ricostruzioni spesso sin troppo celebratorie, Besinger tende più a ricostruire che a incensare, offrendoci tre originali punti di vista. Innanzitutto affronta un tabù taciuto dalla agiografia wrightiana: cioè quanto il misticismo della terza moglie Olgivanna abbia influenzato la vita della comunità di Taliesin e in parte l'opera del Maestro. Olgivanna, come è noto, era una appassionata discepola di Gurdjieff, filosofo, mistico e teosofo che , attraverso la disciplina interiore, la musica e la danza, cercava di raggiungere un equilibrio tra il corpo e lo spirito ( per chi voglia saperne di più su Gurdjieff, visiti il sito: http://www.geocities.com/Paris/3047/findex.html). Alla scuola di Gurdjieff sicuramente Wright si ispira quando nel 1932 con la giovane e ferrea Olgivanna decide di aprire Taliesin a apprendisti paganti, per poter sopravvivere a uno dei ricorrenti periodi di crisi economica e professionale. E la mistica di Gurdjieff serve sicuramente a Olgivanna nel 1946 per superare la tragedia della morte di Svetlana, la dolce figlia avuta con il primo marito. Infine, sulla teosofia di Gurdjieff si forma la capricciosa Iovanna , unica figlia di Wright e Olgivanna che, d'accordo con la madre, decide di trasformare Taliesin in una comunità misticamente orientata. Da qui una serie di scontri tra chi - come Besinger- a Taliesin si è recato solo per avvicinarsi all'architettura, sia pure all'interno di una filosofia di vita, e coloro che vorrebbero trovarvi le risposte religiose alle domande fondamentali della vita, praticando riti, danze, attività comunitarie. E anche - non è detto nel libro ma lo si evince chiaramente- di tensioni tra Wright , che è profondamente attratto dal pensiero di Gurdjieff ma, alla fine, venera l'architettura coma sola religione, e Olgivanna che vede, invece, l'architettura come una delle tante attività dello spirito ( sugli scontri tra Wright e Olgivanna si sofferma Merelyn Secrest in: Frank Lloyd Wright. A Biography , Alfred A. Knopf, 1993). Porre l'attenzione su Gurdjieff , che da tutti i testi viene citato solo di sfuggita, ci permette quindi di capire meglio le dinamiche di Taliesin, ma ci apre anche uno squarcio sul misticismo wrightiano, che - se è bene non sopravvalutare- non bisogna neanche passare sotto silenzio. Il secondo originale punto di vista che ci offre Besinger è relativo allo studio professionale . Gli incarichi che giungono a Wright, soprattutto a partire dal dopoguerra, sono centinaia. Particolarmente nel campo residenziale. E non possono essere affrontati da una sola persona , sia pur estremamente creativa e energica, che nel 1945 si avviava verso gli ottanta anni. Dalle memorie di Besinger emerge un'organizzazione professionale estremamente agguerrita, retta dall'energico John Howe, che all' occorrenza non esita a ripetere pattern e forme già sperimentati e che può contare sull'aiuto di numerose personalità di primo piano, anche se nessuna cosi' dirompente da emergere autonomamente nel panorama internazionale. Il terzo contributo riguarda l'aspetto formale. Besinger sottolinea insistentemente l'importanza crescente delle matrici curve nell'architettura di Wright a partire dagli anni Trenta. Si tratta di un argomento rimosso da molta critica disposta a incensare le squadrate case di Oak Park a cavallo tra Ottocento e Novecento, i vassoi in aggetto della casa sulla cascata o le forme aerodinamiche della Johnson Wax. Il Guggenheim, con la sua espansiva spirale, è tollerato come eccezione. Alle curve, invece, Wright è legatissimo, forse anche per quei motivi mistici che derivano dall'insegnamento di Gurdjieff. Ne sonda le potenzialità in infiniti progetti: dal piccolissimo monumento funebre per l'amata Svetlana alla enorme macrostruttura per Baghdad. Si tratta di capolavori di immensa portata sui quali è sempre più difficile sostenere le sprezzanti e liquidatorie affermazioni di Tafuri o di Frampton che li interpretano come sintomi di rimbambimento senile. E', invece, proprio su questi ultimi progetti che come Besinger, ma anche come Levine nel recente Frank Lloyd Wright ( Princeton University Press, 1996), è opportuno indirizzare, con studi specifici, la ricerca.