Autore: Luigi Prestinenza Puglisi
pubblicato il 16 Ottobre 2013
nella categoria Personaggi
Ho conosciuto Renato Nicolini quando mi iscrissi alla facoltà di Architettura di Roma. Era allora assistente di Mario Fiorentino a Composizione I. Come era prassi in quegli anni, Fiorentino si faceva vedere poco e delegava molto ai suoi assistenti che diventavano i nostri principali punti di riferimento. Scelsi Nicolini perchè godeva fama di essere persona particolarmente brillante e preparata e poi per affinità politica perchè era anch'egli iscritto al PCI, il partito che in quegli anni frequentavo. Le sue lezioni affrontavano complessi problemi disciplinari ed erano sempre traboccanti di riferimenti al mondo dell'arte, del teatro, della letteratura. Spesso citava la metafisica, diverse volte Borges, ce l'aveva con i libri di Benevolo, mentre guardava con simpatia i saggi di Aymonino e il noioso libro di Samonà , pubblicato da Laterza, su l'urbanistica e l'avvenire delle città che ci era stato dato come libro di testo. Devo dire che nonostante avessi alle spalle una solida preparazione liceale, per tre o quattro mesi non riuscii a capire granchè di quello che diceva sull'architettura. Non coglievo i termini del dibattito architettonico che lui dava per scontati. Insomma: chi sosteneva cosa e per quali motivi. Nonostante tali difficoltà, che credo non fossero solamente mie, sviluppai per Nicolini una grandissima ammirazione. Per il suo modo di parlare punteggiato dall'intercalare "come dire?", per la sua vasta cultura e anche per la sua capacità di bluffare, a volte per il semplice gusto del gioco. Ricordo ancora un suo intervento in Aula Magna in cui sono sicuro che citò a memoria intere frasi di uno scrittore latino americano mai esistito. Fui felice quando propose a me e a Nino Saggio, con il quale in quegli anni condividevo gli studi, di dargli una mano, cosa che tuttavia non si concretizzò. A partire dagli ultimi anni universitari, mi orientai diversamente. Mi avvicinai al pensiero liberale e mi allontanai dall'architettura rossiana e della Tendenza che Nicolini apprezzava. Negli stessi anni e in quelli successivi, Nicolini, da brillante protagonista quale era, inventò l'estate romana, fu assessore comunale e deputato. Lo riavvicinai più tardi quando tutto questo era finito e era - troppo autonomo? troppo intelligente?- stato scaricato dal partito. Avevo lanciato una specie di rivista elettronica via mail che tutt'ora funziona: la presS/Tletter. Avevo bisogno di una persona speciale che avesse un punto di vista originale e divergente rispetto alla linea editoriale. Non poteva essere che lui. Uno dei pochi eredi dei terribili anni ottanta che però, a differenza delle cariatidi accademiche, aveva curiosità per ciò che di nuovo stava bollendo in pentola. Gli proposi di scrivermi una cartolina a settimana. A lui l'idea piacque e di regola me ne mandava più di una. Con l'acume che lo contraddistingueva, aveva capito il proprio ruolo alla perfezione tanto che nei numerosi anni che è durata la nostra collaborazione non ho mai sentito il bisogno di fargli una telefonata per contestargli un pezzo. Certo, Renato continuava ad apprezzare architetti che io considero bolliti e forse lui non sempre condivideva le mie posizioni. Ma questo fa parte delle regole di qualsiasi gioco culturale non ingessato. Quando ho saputo della sua scomparsa ho avuto dolore. Credo che sia stato una delle cinque persone che mi ha insegnato di più. Questa mostra, organizzata da Ruggero Lenci, gli avrebbe fatto piacere. E nonostante sia un'illusione pensare che chi è andato via possa vedere il lavoro e l'affetto di chi rimane, mi piace pensare che ciò possa essere, invece, in qualche modo possibile (Articolo scritto in occasione della mostra, organizzata da Ruggero Lenci di opere di pittura per ricordare Nicolini a un anno dalla sua scomparsa- 2013