Presepeland: presepe e teoria dell’architettura
Presepeland: presepe e teoria dell’architettura
Autore: Luigi Prestinenza Puglisi
pubblicato il 6 Settembre 2015
nella categoria Questioni di teoria
PRESEPELAND ( introduzione)
Oggi, 31 di agosto, discutevo con Davide Sani: oziosamente e appassionatamente, come sempre noi architetti.
Siamo arrivati alla conclusione che la figura architettonica dominante dei prossimi 50, se non 100 anni, sarà il presepe.
Risponde all'esigenza fondamentale della modernità di mettere in scena la storia, il dramma, l'inconsueto e la frugalità. Peccato che ciò avvenga negando la temporalità, utilizzando il consueto, rendendo inoffensivo il dramma, abolendo le conseguenze della povertà: il gelo, i cattivi odori, lo sporco, le zecche.
Il presepe lo abbiamo inventato noi italiani.
E poi è l'opera di postproduzione perfetta.
Finalmente dopo Learning from Las Vegas si attingerà nuovamente alla nostra cultura. Learning from Natale in casa Cupiello.
Non so se sarà un bene o un male.
Lo scopriremo insieme nei prossimi post.
PRESEPELAND (dal presepe storico al presepe metropolitano - 1)
La strategia del presepe l'hanno brevettata le Soprintendenze nelle due varianti teoriche brandiana e marconiana (in un prossimo post si tratteggeranno le differenze).
Entrambe hanno permeso di trasformare i centri storici da luoghi in abbandono con abitazioni fatiscenti in gioielli del pittoresco. Ciò è avvenuto grazie all'immissione discreta delle nuove tecnologie (ascensori, aria condizionata, riscaldamenti, impianti elettrici a norma, consolidamento delle murature e dei solai, sostituzione e integrazione di muri e dei decori, riconversione di sottotetti e cantine resi abitabili e inserimenti di autorimesse).
Nel presepe:
A) tutto è ridisegnato anche se tutto, quasi tutto, fa finta di non esserlo e di stare là cosi' da sempre;
B) la tecnologia è di ultima generazione ma è invisibile. La stella cometa risplende ma nessuno vede l'attacco alla presa elettrica.
A un certo punto si è scoperto che non solo i centri storici, ma l'intero ambiente urbano poteva diventare presepe: presepe metropolitano. Bastava che fosse vecchio, anche se squallido e ammalorato. Gli interventi di plastica facciale e le tecnologie invisibili avrebbero sopperito.
E' nata la corsa alla presepizzazione delle aree dismesse.
La fondazione Prada, esempio straordinario di presepe periferico, funziona tanto bene quanto il Maxxi, che si muove invece sull'ingenua strategia del nuovo (anche se la Soprintendenza ha voluto lasciare a tutti i costi un reperto di antico proprio in facciata, forse per dire che lei, anche se messa all'angolo, non si ritirava dalla partita), per alcuni funziona addirittura meglio.
La Fondazione Prada accoglie, il Maxxi incute soggezione e distacco. Chiedete a questo punto a un artista se preferisca esporre in una vecchia fabbrica o in un edificio disegnato ex novo da una archistar e dalla sua risposta capirete il fascino neanche troppo nascosto del presepe.
PRESEPELAND ( presepe e futuro - 2)
Gli uomini sani, scellerati e con valori indubitabili facevano calcina dei monumenti che non servivano, perchè costruivano i loro. Oggi le demolizioni le lasciamo fare alle menti esaltate dell'ISIS mentre noi, romantici e rosi dai dubbi, siamo ossessionati dal terrore della perdita.
Allo stesso tempo, però, non accettiamo il carattere crudele della storia e la vogliamo riscrivere, per sfuggire dall'ansia del futuro. Se il futuro è cupo, il
passato, come il bambinello, deve avere sempre il sedere rosa. E il presepe solo trasforma un atto crudele, nascere al freddo e al gelo, in una festa, in una epifania. Il presepe è ottimista, perchè è una visione della storia proiettata verso un futuro di salvezza. Il male, lo sporco, l'irrisolto, che morbosamente ci piace vedere ma non subire, non possono farci più paura nel momento in cui li abbiamo anestetizzati.
PRESEPELAND (paratassi e sintassi - 3)
Il presepe è accogliente come l'architettura eclettica. Se hai una figurina di Balotelli o un soldatino di piombo li puoi inserire tra le montagne di cartapesta senza distruggere la composizione. E difatti i bambini adorano il presepe perchè è tollerante delle diversità che accosta e non integra, è paratattico e non sintattico. Adesso: la sintassi, che presuppone unità ed esclusione, è il modo di strutturare il linguaggio della modernità; la paratassi, che gioca per liberi accostamenti ed è inclusiva, della postmodernità.
Koolhaas è da sempre il poeta della paratassi. Non ci voleva molto a immaginare che sarebbe stato lui a rilanciare l'architettura del presepe.
PRESEPELAND ( pastori del presepe: Martin Heidegger - 4)
Il presepe è ecologico, è la città che ritorna alla natura. C'è una grotta, c'è l'acqua, ci sono le stelle e la cometa, ci sono il bue, l'asinello, le pecore. Le casette sono primordiali e ricordano la capanna di Laugier. Infine ci sono i pastori. Anche se il presepe è inclusivo a un grado massimo, difficilmente potrebbe sopportare l'intrusione di una fabbrica, di un centro Pompidou, del Guggenheim di Bilbao o dell'ult
ima opera della Hadid.
L'unica tecnologia ammessa è la luce divina: immateriale e trasparente. Anche Heidegger con la sua capanna nella Foresta Nera metteva in scena una epifania: qualcuno lo ha soprannominato il pastore dell'Essere. Heidegger ha ispirato gran parte dell'architettura della reazione: non c'è scritto equivoco sull'abitare che non lo citi.
Forse bisognerà fare qualche studio fenomenologico sul presepe, l'architettura ed Heidegger.
PRESEPELAND ( postproduzione - 5)
Nel presepe non si inventa nulla ma tutto si ricombina. Semmai si aggiunge e si attualizza, come avviene nei presepi napoletani in cui si inserisce la statuina con la faccia di Maradona o del personaggio di turno.
Il presepe è il paradigma del rifiuto alla creazione ex novo e forse il precursore della postproduzione.
Esattamente come sarà la linea vincente dell'architettura di domani o come avviene con questi post di FB che sfruttano immagini esistenti e ricombinano parole già consumate.
La vera ecologia del presepe non è il ricorrere alla natura ma l'ansia continua di riciclo, che, più che essere finalizzata all' economia di energie, è la conseguenza di una impossibilità, in un'epoca postmoderna, di generare parole nuove, se non appunto in postproduzione.
PRESEPELAND ( luoghi e non luoghi- 6)
Se qualcuno, come è successo guardandone le foto, afferma che la Fondazione Prada stia a New York e non a Milano, ecco che, senza volerlo, svela il secondo segreto del presepe. Che è il non appartenere ad alcun luogo. Strano paradosso: le Soprintendenze, i reazionari, gli Sgarbi e i Settis vogliono i presepi per difendere le identità locali e questi, invece, sono ancora pi├║ anonimi degli edifici dell'International Style o dei grattacieli-
di Dubai.
Il motivo è che la presepizzazione, che rifiuta di mostrare la tecnologia, fa però ampio uso di tutte le tecnologie e queste sono per forza di cose ovunque uguali. Sono identiche le tinteggiature, le tecniche di recupero della pietra, i trucchi per inserire i motori dell'aria condizionata e gli ascensori, gli infissi in legno antichizzato... E cos├¡, pi├║ si recupera, pi├║ i centri storici sembrano uguali, più le fabriche diventate contenitori cultural chic sono identiche. Il fascino del presepe non è di essere un luogo identitario ma il non luogo più condiviso dalle nostre immaginazioni sempre più in rete.
PRESEPELAND (conclusioni)
La finzione non è mai innocua. Perchè poi ci comportiamo come nei romanzi che abbiamo letto, come nei film che abbiamo visto, come nei reality che abbiamo seguito. Il risultato è che, inevitabilmente, la realtà diventa finzione e la finzione realtà.
E scambiamo i presepi che ricostruiamo con la storia che ci ha generato. A questo punto è inutile osservare che il tal centro storico non ha più nulla a che vedere con la cittadina medioevale che fu o che
-il tal palazzo è diventato la mummia dell'importante opera rinascimentale o che la fabbrica ha perso ogni sembianza di verità. Perchè è il simulacro la nuova verità, è la nuova storia. E cosi' la Venezia vera diventa sempre più simile alla sua ricostruzione a Las Vegas e, come diceva Jean Baudrillard, tra cento o forse cinquecento anni noi non riusciremo più a scorgerne le differenze. Eppure sono proprio queste differenze che ancora sostengono la nostra cultura, sono la linfa vitale della nostra idea di modernità.
Si stenta a capire che la polemica contro gli Sgarbi e i Settis non è per distruggere, in nome di un futuro non ben identificato, la nostra tradizione, ma per tutelare per quanto possibile ciò che resta di autentico del senso e cioè del valore della sua storia.
PRESEPELAND (nota tecnica)
Nei presepi al reale si sostituisce il tipico, che è un concentrato di realtà.
Cosi' il pastorello ha tutti i suoi abiti che lo qualificano come tale e porta possibilmente la pecora sulle spalle. E la casa ha tetto a doppia falda e finestra con persiane.
Adesso, il tipico è iconico perchè la caratteristica dell'icona è proprio questa: essere una immagine memorizzabile e di immediato impatto e riconoscibilità. Il paradosso dell'architettura del presepe è che vorrebbe essere la negazione dell'approccio iconico dello star system mentre non ci vuole molto a capire che è un sistema iconico, la cui forza è la banalità, che si contrappone a un altro, la cui forza è l'artata complessità.
PRESEPELAND (fuga dal presepe)
Una strada per scappare dal presepe ce l'ha tracciata Carlo Scarpa.
Consiste nell'introdurre il fattore immaginazione e cioè la nostra temporalità, lasciando l'opera aperta e evitando di porcela restaurata di tutto punto. Il presepe è pigro, e cioè disegnato in tutti i suoi dettagli; la storia è problema, sforzo incessante interpretativo.
Ma non basta. Scarpa ha capito che il restauratore non deve scomparire, ma essere un ospite del racconto esattamente come i pittori rinascimentali che si autorappresentavano nei quadri da loro dipinti. Perchè un racconto in cui non si sente la voce dell'io narrante non è un racconto come si deve. E allora? La storia si fa in tre: con l'opera, con la presenza in trasparenza di chi la ripropone all'attenzione, con lo sforzo ricostruttivo del fruitore. Le soprintendenze ignoranti e i presepisti d'accatto credono che queste due ultime voci siano un inconveniente e cercano di farle fuori; non capiscono invece che sono la via di fuga inventata dalla modernità alla parodia del bue e dell'asinello.