Autore: Luigi Prestinenza Puglisi
pubblicato il 10 Agosto 2014
nella categoria Cronache e commenti
L'architettura siciliana sembra avere un santo protettore: Alvaro Siza. L'architetto portoghese è, infatti, oggetto di una venerazione che risale già ad alcuni decenni. Di lui si ammira il modernismo prudente fatto di solidi muri invece che di ampie superfici vetrate, il composto monumentalismo che un po' strizza l'occhio alla tradizione classica e un po' a quella (ma sempre meno) organica attraverso la mediazione di Alvar Aalto, il biancore delle pareti spesso intonacate ma altre volte realizzato con solide pietre. A introdurlo nell'isola fu l'università di Palermo. I primi apostoli di Siza probabilmente furono Vittorio Gregotti, che a Palermo insegnava e che ne ha diffuso poi il verbo a livello nazionale attraverso la rivista Casabella, il duo Culotta e Leone e, infine, Roberto Collovà, il quale ha realizzato con il portoghese un'opera a Salemi. Oggi apostoli ve ne sono dappertutto nelle troppe facoltà di architettura che costellano la Sicilia: a Catania, a Siracusa, a Enna e non so in quanti altri centri minori in cui si continua pervicacemente a fondare facoltà di architettura, incuranti di ogni crisi del settore. Risultato? Ogni volta che Alvaro Siza è venuto in Sicilia è stato trattato con maggiore devozione di quella dimostrata per le sante patrone di Palermo e di Catania, Santa Rosalia e sant'Agata: acclamato da folle di giovani urlanti e festanti nelle cui magliette era disegnato con penna indelebile il nome accompagnato da faccine sorridenti. Alla faccia del commento Bonjour Tristesse che una mano anonima aveva tracciato sopra il muro di un suo palazzo realizzato a Berlino negli anni ottanta. Tutta questa premessa per dire che se vi fermate a una analisi superficiale, potreste pensare che l'architettura siciliana sia prevalentemente siziana. Non è cosi'. L'isola sforna progettisti caratterizzati da una pluralità di atteggiamenti molto diversi rispetto a tale stereotipo. A Vittoria, per esempio, opera Maria Giuseppina Grasso Cannizzo che persegue una poetica più attenta alle forme e ai materiali contemporanei, anche se dal disegno non meno rigoroso. A Pace del Mela c'è Claudio Lucchesi all'interno di un collettivo transnazionale dal nome UFO che si caratterizza per sperimentazioni attraverso tecniche di progettazione digitali. A Ragusa è attivo lo studio Architrend con una produzione notevole e di qualità che si ispira al minimalismo miesiano, messo in crisi da una onnivora curiosità per quanto di più interessante si produce in ambito internazionale. E poi c'è un professionismo di alto livello con una pluralità di declinazioni che ha poco riscontro in altre realtà regionali: Orazio La Monaca, lo studio Salvo Cusenza, Giuseppe Scannella, Antonio Iraci, studio Scau, Antonio Mauro, Renato Arrigo, Giuseppe Merendino per fare qualche nome. Ai quali occorre aggiungere alcune voci, fuori dal coro siziano, che si trovano all'interno delle stesse università. Per esempio Marco Navarra. E poi vi è una infinità di giovani non inquadrabili perchè- devono buona parte della loro formazione a esperienze condotte fuori dall'isola, spesso in importanti studi internazionali. La Sicilia: un laboratorio per l'architettura? Forse è eccessivo spingersi a tanto. Certo è che l'isola rappresenta oggi una delle più vive realtà regionali nel campo architettonico, sicuramente la più interessante del meridione.